[MT]Lee Child - La verità non basta[Ebook-Ita-Pdf-Thriller]

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Description











Titolo originale: The affair
Titolo italiano: La verità non basta
Autore: Lee Child
1ª ed. originale: 27 settembre 2011
Data di pubblicazione: 20148  
Genere: Romanzo
Sottogenere: Thriller
Editore: Longanesi
Collana: Best Thriller n.2
Traduzione: Adria Tissoni
Pagine:394






Lee Child (Coventry, 1954) pseudonimo di James R. Grant, è uno scrittore britannico di thriller. Dopo aver lavorato per vent’anni come autore di programmi televisivi, nel 1997 ha deciso di dedicarsi alla narrativa. Il suo primo romanzo, Zona pericolosa, vince l'Anthony Award per la miglior opera prima, salutato da un notevole successo di pubblico e critica,; il suo secondo romanzo, Destinazione Inferno, vince il W.H. Smith Thumping Good Read Award.
Nel 1998 si trasferisce negli Stati Uniti. Vive tuttora a New York City.
I suoi romanzi hanno tutti come protagonista il personaggio di Jack Reacher, un ex ufficiale della polizia militare statunitense che, dopo aver lasciato l'esercito, decide di iniziare una vita di vagabondaggi attraverso gli Stati Uniti, libero dai vincoli e dai condizionamenti del "sistema". Duro come pochi e dotato di un innato senso di giustizia, Reacher si presenta come un cavaliere solitario di altri tempi, che pur non cercando guai è sempre pronto ad aiutare i più deboli e a correre in soccorso degli amici, per poi riprendere il suo cammino senza meta al termine di ogni avventura.

Premi letterari

1998 - Anthony Award con Killing Floor.
1998 - Premio Barry per il miglior romanzo d'esordio con Killing Floor.
1999 - W.H. Smith Thumping Good Read Award con Die Trying.
2004 - Premio Nero Wolfe con The Enemy.
2005 - Premio Barry per il miglior romanzo con The Enemy.




1997 - Zona pericolosa (Killing Floor)
1998 - Destinazione inferno (Die Trying)
1999 - Trappola mortale (Tripwire)
2000 - Via di fuga (Running Blind o The Visitor)
2001 - Colpo secco (Echo Burning)
2002 - A prova di killer (Without Fail)
2003 - La vittima designata (Persuader)
2004 - Il nemico (The Enemy)
2005 - La prova decisiva (One Shot)
2006 - The Hard Way
2007 - Vendetta a freddo (Bad Luck and Trouble)
2008 - Niente da perdere (Nothing To Lose)
2009 - I dodici segni (Gone Tomorrow)
2010 - L'ora decisiva (61 Hours)
2010 - Worth Dying For
2011 - Second Son (racconto breve)
2011 - The Affair
2012 - Deep down (racconto breve)
2012 - A Wanted Man
2013 - Never Go Back (inedito)
2014 - Personal




Carter Crossing, Mississippi, marzo 1997. La ragazza è bellissima, vestita di bianco e ha la gola tagliata «da un orecchio all’altro». Secondo i primi riscontri effettuati sulla scena del crimine ha anche subito degli abusi. Teatro dell’omicidio è una piccola e sperduta cittadina nella contea di Carter che deve le sue alterne fortune alla vicinanza con Fort Kelham, importante base dell’esercito americano in cui sono di stanza due compagnie di ranger, una delle quali è comandata dal capitano Riley, figlio del potente senatore che presiede la Commissione sui servizi armati. Secondo le prime indagini effettuate dallo sceriffo della città, la vittima aveva da tempo una relazione con il capitano Riley. E, quel che è peggio, non si tratta dell’unico caso di omicidio in cui la vittima era una bella donna che frequentava i militari di stanza alla base. Ecco perché il Pentagono affida il delicato incarico di far luce sulla vicenda a Jack Reacher, maggiore della polizia militare, che ben presto, giunto sul luogo sotto copertura, comprende di avere per le mani il caso più scottante della sua carriera. Per Reacher verrà allora la scelta più difficile: nascondere la verità e non riuscire a vivere con se stesso, oppure denunciarla e rinunciare a tutto?

Incipit:
1
Il Pentagono è il palazzo di uffici più grande del mondo – oltre seicentomila metri quadrati, trentamila persone, ventisette chilometri di corridoi – ma ha solo tre ingressi, ciascuno dei quali dà su un atrio sorvegliato. Scelsi l’entrata a sud-est, la principale, quella più vicina alla metropolitana e alla stazione degli autobus, perché era la più affollata e la più frequentata dagli impiegati civili. Volevo averne attorno molti, possibilmente una marea, per ragioni di sicurezza e soprattutto per evitare che qualcuno mi sparasse a vista. Gli arresti finiscono sempre male, a volte per caso, a volte di proposito, perciò volevo testimoni. Volevo i loro occhi addosso, almeno all’inizio. Ricordo la data, ovviamente. Era l’11 marzo 1997, un martedì, ed è stato l’ultimo giorno in cui sono entrato in quel palazzo nella veste di dipendente.
Parliamo ormai di molto tempo fa.
Quattro anni e mezzo dopo l’11 marzo 1997, guarda caso un altro martedì, il mondo sarebbe cambiato per sempre. A quel tempo – e non solo al Pentagono – i controlli nell’atrio principale erano accurati ma non maniacali. E non sarei stato io a renderli tali. Indossavo l’alta uniforme, pulita, stirata, lustra e impeccabile, con tutti i nastri, le medaglie, le mostrine e le onorificenze di tredici anni di servizio. Avevo trentasei anni, avanzavo dritto e sicuro, proprio come si addice a un maggiore della polizia militare statunitense, a parte i capelli lunghi e la barba non rasata da cinque giorni.
All’epoca la sicurezza del Pentagono era affidata al Servizio di protezione della Difesa e a quaranta metri di distanza vidi dieci uomini disposti nell’atrio: troppi. Mi chiesi se fossero tutti del Servizio o in parte nostri, piazzati lì per me. In genere le operazioni specialistiche venivano svolte da sottufficiali, spesso sotto copertura. Si fingevano colonnelli, generali oppure soldati semplici, ed erano molto bravi. Per loro indossare l’uniforme del Servizio di protezione e aspettare il bersaglio era ordinaria amministrazione. A trenta metri non ne riconobbi nessuno, ma all’esercito non mancavano le risorse; avrebbero potuto scegliere qualcuno che non conoscevo.
Proseguii in mezzo al flusso enorme di persone dirette all’ingresso, uomini e donne in alta uniforme, come me, o con le vecchie mimetiche dell’epoca, ma anche militari in borghese e civili, alcuni con borse, valigie o pacchi. Tutti però a un certo punto rallentavano, si spostavano di lato e si mescolavano, costretti a formare un cuneo e quindi a mettersi in fila per uno o a due a due, come studenti, per superare l’ingresso. Mi misi in coda con loro, da solo, dietro una donna con le mani pallide, delicate e davanti a un uomo con un abito liso sui gomiti. Due civili, due impiegati, probabilmente analisti. Proprio quello che volevo: osservatori indipendenti. Era quasi mezzogiorno. Il sole splendeva nel cielo e nell’aria di marzo si avvertiva un vago tepore. La primavera in Virginia. Sulla sponda opposta del fiume i ciliegi stavano per risvegliarsi. La famosa fioritura era prossima. In molte case del Paese erano già pronti i biglietti aerei e le macchine fotografiche per una gita nella capitale e dintorni.




La verità non basta, (The Affair, 2011), sedicesimo episodio della saga, edito come sempre da Longanesi e tradotto dalla brava Adria Tissoni.
Che dire non ostante gli anni passino e le avventure si succedano ad avventure, il personaggio non perde di smalto né l’autore denota segni di affaticamento e questa è senz’altro una cosa singolare e un’ottima notizia per tutti i lettori che negli anni hanno seguito le avventure dell’ultimo eroe americano, Jack Reacher (non so voi ma io più che in Tom Cruise, lo vedrei bene interpretato da Max Martini, quello di The Unit).
Forse leggendo le avventure precedenti, molti lettori si sono chiesti cosa era potuto succedere per spingere un uomo come Reacher a lasciare l’esercito in un congedo forzato, e a dire il vero abbandonare tutto, per vagabondare tra autobus e autostop, in giro per l’America cacciandosi inevitabilmente in guai più grandi di lui, ma dai quali sempre elegantemente, (beh a volte non proprio elegantemente) si tira fuori. Innanzitutto il suo istinto investigativo, il suo addestramento militare, il suo senso di giustizia non sono scemati col tempo, ma qualcosa successe, qualcosa di grave che in un certo senso lo deluse, e forse uccise parte dei suoi ideali, senz’altro la certezza che le leggi militari non sempre coincidono perfettamente con la giustizia. E per Reacher giustizia e libertà sono valori insindacabili, più forti del senso di appartenenza a un corpo o a una comunità.
Nel marzo del 1997, nel cuore profondo del sud degli Stati Uniti, una sperduta cittadina del Mississippi di nome Carter Crossing, accanto a una ferrovia e a una base militare,  il nostro eroe si trovò tra i piedi un senatore degli Stati Uniti d’America e una scelta. Nessuno di noi dubita che fece la scelta giusta, per lo meno l’unica possibile, per salvare parte dei suoi ideali, parte di cosa l’esercito significava per lui, dando un calcio a compromessi, carriera, e insabbiamenti.
Perché è in realtà un insabbiamento quello che i suoi superiori vogliono da lui, quando lo spediscono sotto copertura a Carter Crossing ad indagare, o meglio a nascondere le prove di un delitto. Infatti la prima cosa che gli chiedono e di distruggere prove, (la targa di un’auto polverizzata da un treno in corsa) cosa che in un certo senso lo mette subito sul chi vive. Non è lì per trovare la verità, ma per parare il culo a qualcuno, qualcuno della base militare, probabilmente. O forse no, o forse tutte le prove, (si scopriranno altre morti, un po’ di qualche mese prima un po’ fresche fresche intorno al perimetro della base) portano dritto dritto verso una sua nuova conoscenza, Elisabeth Deveraux, sceriffo della sperduta cittadina, ex marine, e donna affascinante con la quale vive una breve relazione.
A parte la parte puramente investigativa, se vogliamo gialla, resta uno spaccato dell’America fine anni 90, pre 11 settembre, pre Obama, un America rurale, attraversata nella notte da treni ad alta velocità, fatta di cittadine intorno alle basi militari con i suoi spacci, i suoi ristoranti dove si serve cheesburger e torte di pesche oltre a litri di caffè, i suoi pub, con la sua povertà, i suoi cantieri abbandonati, i suoi boschi, le sue truppe di mercenari improvvisati, fatta di giovani che vedono nell’arruolarsi nell’esercito o nei marine, l’unica forma di riscatto, se non di mera sussistenza, di pregiudizi razziali, di faide scatenate da futili motivi (e Reacher se ne troverà proprio in mezzo a una).
Insomma è sempre un piacere leggere Lee Child, sempre un piacere ritrovare Jack Reacher al suo posto di eroe fuori dagli schemi, per alcuni versi eccezionale, per altri specchio di una normalità o per lo meno quotidianità con l’etica e la coscienza che dovrebbe essere di tutti. Che sia un inglese a parlarci così dell’America è singolare, ma forse chi meglio di un osservatore esterno può vedere cose che ad un americano potrebbero sfuggire, nascoste sullo sfondo monotono della realtà. Segnalo solo una manciata di refusi, non invasiva, ma senz’altro evitabile.








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