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Titolo originale: Pelé: Birth of a Legend
Paese: USA
Anno: 2016
Durata: 107 minuti
Genere: Biografico, sportivo



Soggetto: Jeff Zimbalist, Michael Zimbalist
Sceneggiatura: Jeff Zimbalist, Michael Zimbalist
Fotografia: Matthew Libatique
Montaggio: Luis Carballar, Naomi Geraghty, Glen Scantlebury
Musiche: A. R. Rahman
Scenografia: Dominic Watkins
Costumi: Inês Salgado
Trucco: Juliana Mendes, Eduardo Castor, Marli Toledo
Effetti speciali: Sergio Farjalla Jr.
Produttore: Brian Grazer, Ivan Orlic, Patrick Tendai Pfupajena, Colin Wilson, Kim Roth
Produzione: Imagine Entertainment, Seine Pictures, Zohar International
Distribuzione: M2 Pictures
Data di uscita: (Cinema - Dvd)











PELÉ racconta l'incredibile storia vera del leggendario giocatore di calcio che da semplice ragazzo di strada raggiunse la gloria, appena diciasettenne, trascinando la nazionale brasiliana alla vittoria del suo primo mondiale nel 1958 e diventando poi il più grande calciatore di tutti i tempi vincendo altre due Coppe del Mondo. Nato in povertà, affrontando un'infanzia difficile, Pelé ha usato il suo stile di gioco poco ortodosso e il suo spirito indomabile per superare ogni tipo di ostacolo e raggiungere la grandezza che ha ispirato un intero Paese, cambiandolo per sempre.







[b] Pelè film: al cinema arriva il primo film biografico su “O Rey” soprannome da leggenda di Edson Arantes do Nascimento meglio conosciuto come Pelè, tra i calciatori più forti di tutti i tempi. Come un classico biopic il film ripercorre la carriera della stella verdeoro interpretata da Leonardo Lima Carvalho e Kevin de Paula. Dall'infanzia passata nelle favelas brasiliane a giocare senza scarpe perchè non poteva permettersele fino all’esordio nel Santos e poi, nemmeno maggiorenne, nella nazionale carioca, completando una squadra oggi antologia del calcio quella di Didì, Vavà, e l’ala tecnica e veloce Garrincha. Tutti facevano parte di quella squadra che vinse il primo mondiale per il Brasile, in Svezia, anno 1958. Finora l’unico caso in cui una squadra sudamericana ha vinto il supremo torneo in un'edizione europea. Proprio su questa competizione si sviluppano le vicende principale.
Il calcio, si sa, è materia narrativa molto interessante da raccontare soprattutto per il grande fascino popolare che ha. Se si aggiunge a questo la storia di un amatissimo campione, che al cinema avevamo visto già in Fuga per la vittoria di Huston, in una rovesciata diventata iconica, il fascino sale, e ci si meraviglia che solo ora sia arrivato un film tutto dedicato a Pelè (qui nelle veste di produttore). La regia è di Jeff e Michael Zimbalist, documentaristi, che danno da subito un’impronta sociale alla vicenda: sia per la grande attenzione al contesto ambientale sia grazie alla sceneggiatura, firmata da loro stessi, che inquadra la biografia in una particolare lotta di classe su due livelli. Quella di Pelè, umile, contro il più borghese Altafini, che si fa chiamare come il grande Mazzola e quello dello stesso Brasile come nazione che parla attraverso la Nazionale.
Nel senso che Pelè, il film, racconta il mondiale di calcio di Svezia nel 1958 come l’occasione di riscatto del Brasile agli occhi del mondo, soprattutto verso l’ipersviluppata Svezia. Insomma siamo sull’asse del classico divario tra Nord e Sud siano essi punti cardinali di un paese o del mondo. Al centro c’è una bella intuizione: la Ginga. Il passo base della Capoeira, arte marziale di origine brasiliana, è spiegato come l’origine dello stile di calcio brasiliano oggi conosciuto in tutto il mondo. Una danza coi tacchetti fatta di passaggi veloci, dribbling funambolici che confluiscono in vere e proprie coreografie. Sarà proprio la Ginga, usata come corrispettivo della ricerca dell’identità di una squadra e di un popolo, a diventare lo strumento di riscatto. Prima ostracizzato perchè ritenuto qualcosa da nascondere rispetto al più ordinato stile europeo, poi valorizzato perchè cuore pulsante alla base del gioioso e peculiare modo di giocare carioca. Un modo che portò alla vittoria di quella che ancora si chiamava Coppa Rimet e che laureò Pelè come il più giovane vincitore di un mondiale.
Dicevamo che però è un’intuizione e tale rimane. Ciò che soffoca il film Pelè è un continuo andamento retorico e sostanzialmente celebrativo, senza mai un minimo di opacità che renderebbe il racconto dell’uomo più figura e meno “figurina”. A contribuire tutto più incerto è lo stile visivo: una regia che, seppur nella prima parte anche gradevole fotograficamente, diventa pomposa, dando troppo fiato alla retorica celebrativa. Un profluvio di slow motion e sottolineature visive eccessive che rallentano sia la narrazione che l’attenzione. Un’operazione che cinematograficamente ha troppe pecche.[b]