[MT]Karim Franceschi- Il combattente[Ebook-Pdf-Ita-Biografico]

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Titolo originale: Il combattente
Autore:Karim Franceschi
1ª ed. originale: 2016
Data di pubblicazione: 8 gennaio 2016
Genere: Romanzo
Sottogenere: Biografico
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Collana: Futuropassato
Pagine: 350






Karim Franceschi (Casablanca, 31 marzo 1989) è un attivista e scrittore italiano, conosciuto principalmente per aver scritto il best seller "Il combattente" edito Bur Rizzoli. Ha partecipato al casting del film La nostra guerra.
Nato da padre Italiano e da madre Marocchina, e successivamente trasferitosi all'età di sette anni con la sua famiglia a Senigallia, Karim ha militato nel centro sociale Arvultura dove ha anche partecipato per un progetto umanitario per la solidarietà del popolo Curdo, dove ha poi deciso di arruolarsi nello YPG nel 2015. Durante la sua esperienza di combattimento nella Guerra civile siriana, Karim, tra le file dello YPG ha scritto il libro Il combattente. Storia dell'italiano che ha difeso Kobane dall'ISIS.




2016 - Il combattente



"Sono partito per Kobane. Adesso mi aspetta un breve periodo di addestramento, dopo il quale farò quello che mio padre insieme a milioni di partigiani in Italia e nel mondo hanno fatto per difendere la libertà e la democrazia: combatterò in armi i fascisti del califfato nero." Così scrive in una lettera Karim Franceschi, l'unico italiano andato in Siria a combattere l'Isis: ventisei anni, figlio di padre ex partigiano e madre marocchina, Karim ha combattuto a Kobane, contribuendo alla prima grande sconfitta dell'esercito del califfato. Arrivato al fronte come soldato semplice, è poi diventato un abile cecchino... Questo libro, scritto insieme al giornalista Fabio Tonacci, è la ricostruzione momento per momento dei mesi trascorsi in battaglia, tra scontri durissimi, rappresaglie, stragi di civili e villaggi in macerie: un resoconto di cosa significhi lottare e uccidere per la democrazia, una lettura per capire dall'interno la ferocia di una guerra che ci riguarda tutti.

Incipit:
1
Un salto in Siria
Corro. A testa bassa, perché i fucili dei soldati turchi sono puntati su di me. Non li vedo, ma so che ci sono. Cercano di ricacciarci indietro, lontano dalla rete e dal filo spinato che separano la Turchia dalla Siria, lontano da Kobane e da quelli che diventeranno i nostri compagni. Vogliono spaventarci. A modo loro, ci stanno dicendo che è meglio se gente come noi se ne torna a casa. Io indosso un paio di ginocchiere sopra i pantaloni militari e nelle mani stringo una calza della Befana piena di caramelle e cioccolatini. Accanto a me un curdo si è legato al braccio una specie di scudo fatto di piombo e cemento, che peserà quindici chili almeno. E c’è un ragazzo che da un’ora porta sulle spalle un bancale di legno lungo due metri; infaticabile, sbuffa e suda che pare un treno merci sulla neve turca. No, noi a casa non ci torniamo.
E dunque, corro. O meglio, corro quando i due uomini che ci stanno guidando nel buio fanno segno di correre. Mi fermo quando ordinano di stare fermi. Se mi chiedessero di smettere di respirare, proverei a fare anche quello. Mi devo fidare, non ho altra scelta. Loro fanno parte dell’esercito in cui ho deciso di arruolarmi: lo Yekîneyên Parastina Gel, le Unità di protezione del popolo. L’Ypg è il braccio armato del confederalismo democratico, l’esperimento socialista e laico di cui mi sono innamorato, sorto in mezzo a uno dei conflitti più sanguinosi del nostro tempo: la guerra civile siriana.




Al di là dei convincimenti politici dell’autore che si possono più o meno condividere e che necessariamente influiscono sul racconto, vi sono molti aspetti interessanti del conflitto siriano trattati in questo libro.
Per prima cosa la facilità con la quale l’autore descrive le modalità con le quali un foreign fighter, pur disponendo di limitate risorse, può prendere parte al conflitto e tornarsene poi “a casa” (se sopravvive!), usando un semplice visto turistico e superando tutti i controlli di sicurezza doganali (eppure all’epoca del racconto di Franceschi erano appena accaduti i fatti di “Charlie Hebdo”).
Secondo, la varietà dei personaggi incontrati e citati dall'autore che, simili a falene attratte dalla luce, ruotano intorno al conflitto ed al suo carico di morte.
Ancora, il ruolo che ha avuto la coalizione internazionale per la lotta al Daesh nella battaglia di Kobane e d’altro canto, la “porosità a senso alternato” (per usare un eufemismo) del confine tra Turchia e Siria nei confronti dei combattenti di ambo le parti.
Quarto, i principi “democratici” alla base del funzionamento delle unità dell’YPK e la loro organizzazione “informale”, messi a dura prova dalla ferocia dei combattimenti con le truppe del Daesh. Infine, l'impressionante quantità di armi di tutti i tipi e di varia provenienza in possesso dei combattenti dei due schieramenti (quanto ha ragione il Santo Padre!).
In definitiva, il libro di Karim o di “Marcello” che dir si voglia, rappresenta un'interessante testimonianza del conflitto in atto in Siria, che peraltro conferma molti aspetti quotidianamente messi in luce da Difesaonline. Eppure in rete sono diverse le recensioni particolarmente feroci, che più che altro mettono in evidenza gli aspetti politici del libro, arrivando in taluni casi ad affermare che si tratti di una mera operazione commerciale con fini politici (è riportato che parte dei proventi della vendita sarà destinata alla ricostruzione di Kobane).
E' apprezzabile la possibilità offerta dal libro di poter entrare per un attimo nella testa di un ventiseienne italiano che, animato da una forte motivazione e senza aver mai imbracciato un’arma in vita sua, prima è diventato un asso dei giochi di guerra da consolle, si è documentato sul conflitto e ha guardato ore e ore di video tutorial sull’uso delle armi in uso all’YPG, poi è partito per la Siria e ha combattuto veramente. Laggiù ha imparato a uccidere apprendendo e mettendo in pratica tecniche di combattimento degne di un soldato di professione, tanto che al culmine della sua esperienza “bellica” ha agito addirittura quale cecchino, ruolo che lo ha portato a uccidere “a sangue freddo”.
E adesso è tornato in Italia.






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